Donazione di quotina: critica alla tesi della Corte di Cassazione
La recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, 15 marzo 2016, n. 5068, ha enunciato il seguente principio di diritto: “La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio.
Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante”.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale in esame vi sarebbero, pertanto, due distinte figure, entrambe annoverabili al paradigma della donazione di beni altrui, con esiti, tuttavia, diametralmente opposti.
Laddove la donazione come atto traslativo immediato della proprietà è nulla per difetto di causa, la figura della donazione con effetti obbligatori è valida ed efficace, purché l’altruità sia conosciuta dal donante e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (art. 782 c.c.).
In merito all’annosa controversia in merito all’atto di disposizione della quota indivisa di un bene facente parte di una massa comune più ampia (c.d. quotina), inerente la possibilità del coerede di ritenersi titolare solo della quota ereditaria nel suo complesso ovvero di una quota su ciascun bene ereditario, la Cassazione aderisce alla tesi più rigorosa, escludendo che la quota sul singolo bene possa ritenersi compresa nel patrimonio del coerede prima della divisione.