La questione dei limiti soggettivi di applicabilità dell’istituto della rappresentazione ha formato oggetto di esame in dottrina ed in giurisprudenza. L’istituto della rappresentazione è disciplinato dall’art. 467 c.c., secondo cui la rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato. Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l’istituto non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale. Ciò che interessa ai fini della trattazione in esame è, tuttavia, l’art. 468 c.c., il quale afferma che la rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati e adottivi, nonché dei discendenti dei figli naturali del defunto, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto. I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato all’eredità della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa. Il principale problema è se la predetta norma comprenda come rappresentati soltanto i figli nonché i fratelli e le sorelle del de cuius o anche i suoi nipoti ex filio ed ex fratre.
Date le conclusioni raggiunte nel precedente articolo, in ogni caso, laddove si intenda evitare il rischio di nullità dell’atto nel caso in cui prevalga l’orientamento giurisprudenziale dettato dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, sarà opportuno configurare l’atto come donazione obbligatoria e, dunque, priva di effetti traslativi immediati. Tuttavia, ad avviso dello scrivente, non può assolutamente escludersi la validità della donazione ad effetti traslativi immediati di quota su bene facente parte di una massa più ampia comune qualora intervengano tutti gli altri comproprietari, che, pur mantenendo le proprie rispettive quote di comproprietà, prendano atto di tale cessione, di modo che si formi una nuova e distinta comunione sui beni oggetto di cessione. Infatti, non può negarsi che i principi che regolano la comunione siano a tutela di interessi privati e come tali disponibili. In tal caso, si avrebbero due distinte comunioni: una che avrebbe ad oggetto il bene di cui si è disposto pro-quota, alla cui divisione sarebbero legittimati il cessionario e gli altri comproprietari escluso il cedente; l’altra inerente ai restanti beni oggetto di comunione, alla cui divisione sarebbero legittimati gli originari comproprietari escluso il cessionario.
La recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, 15 marzo 2016, n. 5068, ha enunciato il seguente principio di diritto: “La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante”. Secondo l’orientamento giurisprudenziale in esame vi sarebbero, pertanto, due distinte figure, entrambe annoverabili al paradigma della donazione di beni altrui, con esiti, tuttavia, diametralmente opposti. Laddove la donazione come atto traslativo immediato della proprietà è nulla per difetto di causa, la figura della donazione con effetti obbligatori è valida ed efficace, purché l’altruità sia conosciuta dal donante e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (art. 782 c.c.). In merito all’annosa controversia in merito all’atto di disposizione della quota indivisa di un bene facente parte di una massa comune più ampia (c.d. quotina), inerente la possibilità del coerede di ritenersi titolare solo della quota ereditaria nel suo complesso ovvero di una quota su ciascun bene ereditario, la Cassazione aderisce alla tesi più rigorosa, escludendo che la quota sul singolo bene possa ritenersi compresa nel patrimonio del coerede prima della divisione.
ll Primo Rapporto sui dati statistici Notarili, rilevazione effettuata per la prima volta in modalità informatica sulle attività notarili, ci mostra che in Italia il 46% delle transazioni assoggettate a registrtazione fiscale nel 2016 riguardano atti immobiliari e finanziamenti mutui. Un 50% di compravendite riguardano le prime case che vengono acquistati da soggetti tra i 18 e i 35 anni. Il maggior numero di compravendite si registra al nord, in modo particolare in Lombardia, che ha fatto registrare il 19.9% del totale.
In tema di acquisto “prima casa” è utile ricordare che la possibilità di utilizzare di nuovo l’agevolazione prima casa non può essere riconosciuta nel caso in cui il contribuente, che ha già fruito delle agevolazioni prima casa in sede di acquisto a titolo oneroso, proceda all’acquisto di un nuovo immobile a titolo gratuito. A meno che non ricorrano i presupposti per l’applicabilità della previsione del comma 4-bis della Nota II-bis), all’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR. In sintesi il contribuente può usufruire delle agevolazioni prima casa in relazione all’acquisto di un nuovo immobile anche se risulta già in possesso di un’altra abitazione acquistata con le agevolazioni, a condizione che si impegni ad alienare l’immobile pre-posseduto entro un anno dal nuovo acquisto agevolato.
L’art. 15 del DPR 917/86 prevede che i soggetti che hanno stipulato un mutuo ipotecario per l’acquisto o la costruzione/ristrutturazione dell’abitazione principale e relative pertinenze possono usufruire in sede di dichiarazione dei redditi di una detrazione ai fini Irpef del 19% sull’importo pagato a titolo di interessi passivi e per i relativi oneri accessori. Tale agevolazione può essere usufruita da tutti i contribuenti che presentano il modello 730 o il Modello Unico persone fisiche.
La normativa vigente riconosce la detrazione degli interessi passivi, in dipendenza di un contratto di mutuogarantito da ipoteca su immobili, che deve essere:
stipulato nei dodici mesi antecedenti o successivi all’acquisto (con esclusione del caso in cui l’originario contratto sia estinto e ne venga stipulato uno nuovo di importo non superiore alla residua quota di capitale da rimborsare, maggiorata delle spese e degli oneri correlati);
erogato da un soggetto residente in Italia (o da un non residente con stabile organizzazione in Italia) o in uno Stato membro della Comunità europea.
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